La Strada Racconta

TERZA TAPPA: DA LUCCA AD ALTOPASCIO

La moltiplicazione del panee la scomparsa dei pesci nella “piana delle camelie”

di Luca Bonechi

Prima di rimettere la bici in cammino da Lucca, la sosta al complesso museale “Via Francigena Entry Point”, posto nel Baluardo di San Salvatore, è d’obbligo in quanto la giusta ispirazione si può trovare nelle stanze che un tempo ospitavano la “Casa del Boia”, oggi adibita a più rassicuranti racconti sull’esperienza del pellegrinaggio.Per raggiungere Capannori, la Via Francigena si divide nel ramo nord e sud. E non è facile trovare la migliore soluzione per attraversare il suo grande territorio agricolo e giungere ad Altopascio. Allontanarsi dai rumori del traffico a cercar bellezza e offrire a ogni tipo di bici la migliore traccia di viaggio, comporta studi e sopralluoghi accurati.Impossibile in primis non proporre la visita a una delle più grandi opere di ingegneria del XIX secolo, l’acquedotto Nottolini, disegnato in stile neoclassico. L’imponente struttura attraversa la campagna lucchese per circa 4 chilometri, a partire dal tempietto di San Concordio fino a quello di Guamo dove venivano convogliate le acque di una sorgente del Monte Pisano chiamata “Le Parole d’Oro”.La Piana di Lucca, vista dall’altopiano delle Pizzorne o dal Monte Serra in una nitida notte d’estate “pare bruciar di luci”, quasi fossero poste a illuminar le distese di uliveti, i disseminati castelli medievali e le eleganti ville rinascimentali coronate da parchi, laghetti e peschiere.Le peschiere, appunto, un lontano ricordo del lago di Sesto, il più grande lago della Toscana, scomparso assieme a pesci e anguille nel 1859 a seguito della bonifica lorenese. Ma di questo parleremo più avanti perché la vastità del comune di Capannori ci invita a visitare il Borgo delle Camelie costituito da due piccoli paesi, Pieve e Sant’Andrea in Compito ove è visibile il Camelietum, enorme giardino che ospita mille varietà di camelie da tutto il mondo. Una tradizione lontana, quella delle camelie, dovuta anche al fatto che a metà dell’800 Angelo Borrini, medico oculista, dette vita, in un terreno con acque idonee allo scopo, alla coltivazione di camelie, il fiore all’occhiello che si mettevano i liberali e gli affiliati alla Carboneria, di cui segretamente il Borrini faceva parte. E se ciò non bastasse, con le foglie della “camellia sinensis” si è dato vita più tardi all’unica prelibata coltivazione di tè italiano.Il passaggio a Capannori potrebbe anche indurre i ciclisti a un giro in cielo con la mongolfiera perché, proprio nei giorni della Francigena, si svolge la giocosa e colorata “Festa dell’Aria”. Ed eccoci a parlar di Porcari (antico crocevia tra le vie Francigena e Cassia e importante ecodistretto cartario) e della mitica città di Sextum, inabissata in fondo al lago di Sesto (o di Bientina) per punizione dei suoi abitanti.Pare che il grande lago scomparso, nei giorni di pioggia, torni a rinascere nelle paludi ma, in verità, trovi realmente consolazione solo nel piccolo lago della Gherardesca ove si riproduce il paesaggio dell’epoca, ricco di flora e uccelli migratori. Il territorio fu, anche per la presenza del lago, un importante crocevia di rotte commerciali che utilizzavano la via d’acqua facendo sì che dal porto di Altopascio si raggiungesse l’Arno e poi il mare.Ma con la bonifica, scomparso il lago, scomparvero pesci e anguille, e gli sfortunati pescatori non riuscirono a trasformarsi in contadini tanto che i più emigrarono sulle coste francesi.Oggi la Piazza del Porto di Altopascio, da dove attraccavano i barconi, si tiene faticosamente al riparo dell’ingombrante autostrada ed è conosciuta solo per la presenza di una macelleria islamica specializzata nella carne halal, cioè della carne lecita in quanto macellata secondo un rituale musulmano.La presenza di una comunità islamica certifica una volta di più che la città dei Cavalieri del Tau e del pane è un luogo che fin dal medioevo si è dimostrato capace di mantenere grandi tradizioni di accoglienza.L’antico Spedale di Altopascio, gestito dai Cavalieri del Tau, ha accolto fin dagli anni 1100 viandanti e pellegrini di ogni sorta curandoli e cibandoli del buon pane. L’offerta del pane, prodotto con un lievito particolare detto “sconcia”, era considerato un diritto per tutti coloro che arrivassero ad Altopascio e per questo si moltiplicarono i panifici, a soddisfare questo grande simbolo di ospitalità. Ma i frati dell’ordine cavalleresco più antico fondato da Matilde di Canossa, oltre che curare e nutrire i pellegrini della Francigena e le genti del posto, che vivevano in luoghi pericolosi e malsani, si occupavano anche della manutenzione delle strade e della costruzione dei ponti e dei manufatti. Come oggi non rimpiangerli, immersi come siamo in una modernità ove i vuoti di memoria si accompagnano alla paura e agli egoismi?Come dar torto ad Italo Calvino che nella Nuvola di smog, metafora del male di vivere, racconta di Altopascio e dei suoi giovani?: “ certi ristorantini a prezzo fisso, che in questa città sono tutti gestiti da famiglie toscane, parenti tra loro, le cameriere sono tutte d’un paese che si chiama Altopascio, e vivono qui la loro giovinezza, ma sempre col pensiero ad Altopascio…” .Poniamo ora che un ciclista, fermatosi ad Altopascio ad ammirar la chiesa di San Jacopo e l’imponente torre campanaria che l’accompagna, sia infine attratto dalla presenza non molto distante dell’incontaminata Riserva Naturale del laghetto di Sibolla. E poniamo che questi si attardi e non ritrovi, come si usa dire oggi, la traccia. Che fare?La speranza è che tornino a suonare le campane della “Sperduta”, così viene chiamata la torre campanaria, che per richiamare una giovane smarritasi nelle zone paludose, suonò ininterrottamente per orientarne il ritorno. Così è stato che, per molti anni, la campana ha suonato per un’ora al tramonto del sole perché non avvenissero più fatti simili. Ma qualora si fosse dimenticata questa buona tradizione, si può sempre ricorrere al navigatore satellitare…

UN’AVVENTURA IN TUTTI I SENSI

Odorare il buon tè italiano ricavato dalla “Camellia sinensis”.
Gustare l’antico pane di Altopascio.
Udire il rassicurante suono della “Sperduta”.
Vedere librarsi in cielo una delle mongolfiere di Capannori.
Accarezzare le “Parole d’Oro” impresse nella sorgente dell’acquedotto Nottolini