La Strada Racconta

QUINTA TAPPA: DA SAN MINIATO VERSO GAMBASSI

Le vie della Francigena sono infinite

di Luca Bonechi

Sicuramente il popolare detto “le vie del Signore sono infinite” ha ispirato i cultori della Francigena a trovare sempre vie diverse per raggiungere la meta. Sta di fatto che per arrivare a Gambassi Terme si può scegliere la strada delle colline seguendo l’odore del tartufo di Montaione o, al contrario, si può scendere più a valle curiosi di scoprire il motivo del perché la trippa-centopelle sia, non solo buona, ma addirittura rappresentata nello stemma di Castelfiorentino.In ogni caso, qualunque sia la scelta, da una parte Campriano e dall’altra Castelnuovo d’Elsa possono essere buoni testimoni di un viaggio ricco di belle sorprese, come quelle in cui si può incappare seguendo le “vie del Signore”.Lungo la strada che porta a Montaione l’incontro più importante si fa a Pieve a Coiano, una costruzione di origine romanica ben annotata dall’Arcivescovo Sigerico di Canterbury nei suoi appunti di viaggio.Seguendo strade belle e solitarie si giunge nella terra dei 10 castelli, tanti si contavano in Montaione, territorio di confine esposto a continue scorribande. I castelli di Barbialla, di Camporena, di Castelfalfi, di Callegari, di Iano, di Sughera, di Tonda, di Vignale, della Pietra e di Figline costituivano per Firenze una garanzia di difesa dei propri domini. Oggi molti di questi sono ruderi e alcuni sono stati trasformati in dimore o strutture turistiche. Su tutti merita un ricordo il castello di Figline che segna le origini di Montaione già citato come Mons Allonis. La leggenda, che appare molto vicina alla realtà, racconta che un certo nobile volterrano di nome Ajone abbia liberato la bella Figline dalle grinfie di un tal Gambasso e l’abbia presa in sposa fondando il paese di “Monte Ajone” e, poco distante, il castello di Figline.Qualche generazione dopo, in questo luogo, evidentemente popolato da belle donne e popolani inquieti, un cavaliere fiorentino salvò la bella Filli dall’essere sacrificata agli dèi riuscendo a sostituirla con una vitella. Così che a Monte Ajone tornò la serenità con un nuovo re che fu subito chiamato il “Sire della Vitella”. Di tutto ciò ebbe accortezza Michelangelo Buonarroti, il giovane nipote del più famoso omonimo, che, ospite in Montaione scrisse L’Aione, sottolineando beatamente che nel palazzo “… si sguazza, e mangia altro che ghiande/e d’un buon vino vi beon le pile”.Noi siamo certi che il buon Michelangelo non si sia fatto mancare anche dell’ottimo tartufo bianco che popola i boschi e le campagne, tanto da far riconoscere Montaione come “Città del tartufo”. E il Tuber Magnatum Pico, il cui inconfondibile profumo si diffonde dalle trattorie in tutto il centro storico, regna oggi sovrano. Buon appetito. Sul fronte della via Francigena che scorre a valle, dopo il passaggio dal borgo di Castelnuovo d’Elsa e l’incontro con il tabernacolo della Madonna della Tosse, edificio ottocentesco in stile neogotico, si entra in Castelfiorentino, importante feudo fiorentino che ha l’onore di essere il luogo dove nel novembre del 1260 fu firmata la pace tra senesi e fiorentini dopo la celebre battaglia di Monteaperti. Se in epoca moderna si trovasse il modo di candidare qualche città del mondo come luogo ideale per firmare trattati di pace ce ne guadagnerebbe la stessa città e l’intera umanità. Sviluppatisi in due nuclei, sia in età medievale che rinascimentale, Castelfiorentino è ricco di Chiese e di interessanti raccolte d’arte. Su tutto merita una nota il soldatino che svetta sull’orologio del Palazzo Comunale. Quel soldatino si chiama Mambrino, il ragazzo che, con l’esercito di Francesco Ferrucci alle porte pronto a invadere la città, convinse l’intrepido condottiero a deporre le armi e a farsi assumere come tamburino. Senza nulla togliere a chi in Montaione sta gustandosi il tartufo, ci si rechi in centro e si chieda di una osteria capace di preparare cibi ai pellegrini della bontà riscontrata da un viaggiatore lucchese del ‘300: “come si mangia all’osteria che si trova accanto alla Locanda del Sole non si mangia nemmeno nelle migliori città della Francia”.Gambassi, per tutti è luogo di sosta obbligatorio come lo fu per l’arcivescovo Sigerico di Canterbury che si trovò di fronte al fascino della Pieve di Chianni. Come si ricorda tra gli abitanti di Gambassi: “noi ci siamo accomodati sulla collina e da noi son passati tutti: dagli etruschi, ai romani fino ai pellegrini del medioevo. Vuol dire che si sta bene e nulla vi è da temere”. È certo che a Gambassi si vive bene con le terme e l’Acqua salsa di Pillo. Un’acqua ricca di minerali e pertanto amata particolarmente dagli sportivi. “Quando passava Bartali si fermava sempre a bere l’acqua di Pillo e poi ripartiva come un razzo.”Nel caso che un amico o una amica tardi a raggiungervi, se ne approfitti per godersi il verde del “Parco del Benestare” e farsi raccontare dal gambassino di turno di “Becuccio il bicchieraio” e dei Maestri Bicchierai del paese che hanno insegnato al mondo l’arte della lavorazione del vetro.Ma se l’amico o l’amica tardasse oltre ogni limite, non ci si faccia prendere dalla disperazione del Bechini, il muratore rimasto vedovo che si fece eremita andando a vivere in una nascosta e selvaggia forra “poco lontana ma tanto distante” dal paese.

UN’AVVENTURA IN TUTTI I SENSI

Odorare il profumo del tartufo bianco di Montaione

Gustare la rigenerante freschezza dell’Acqua salsa di Pillo

Ascoltare il racconto delle gesta del “Sire di Vitella”

Guardare ammirati il soldatino sull’orologio del Palazzo Comunale di Castelfiorentino

Accarezzare i bicchieri e i manufatti di vetro dei maestri bicchierari