La Strada Racconta

QUATTORDICESIMA TAPPA VOLTERRA - SAN VIVALDO

Da Pomarance a Volterra la “musica non cambia” nel senso che molte sono le strade che si possono prendere per giungere nella “città di vento e di macigno” come volle dire Gabriele d’Annunzio in Forse che si forse che no: “ Isabella forse in quell’ora viaggiava per Volterra, a traverso le crete della Valdera, a traverso le biancane sterili; vedeva di là dalla collina gessosa riapparire all’improvviso su la sommità del monte come su l’orlo d’un girone dantesco il lungo lineamento murato e turrito, la città di vento e di macigno”.La Via Volterrana, tracciato principale della rete di antiche strade conosciute come le Vie del Sale è, assieme alla Via Francigena, una delle più antiche strade della Toscana che collegava Firenze con Volterra e poi con il mare. Itinerario strategico nel medioevo, luogo di scambi di merci e di culture; lungo i suoi selciati transitavano muli carichi di sale tanto da essere nota come Salaiola. La Via del Sale, già incontrata a Pomarance nel viaggio verso Volterra, si presenta nelle sue varie forme e consente al viaggiatore anche di discostarsene per conoscere luoghi ai più sconosciuti.In sostanza, si possono seguire due tra le tante tracce. La prima su strada asfaltata, ma in larga parte solitaria e suggestiva, che porta prima a Micciano, poi scende a Ponteginori per risalire infine a Montecatini Val di Cecina. La seconda è disegnata su strade rigorosamente sterrate che dal fiume Cecina salgono da Saline fino a Volterra o, per i più ardimentosi, propone la via che passa dal borgo di Mazzolla.Il fascino del percorso asfaltato è dato in primo luogo dalla scalata verso il borgo di Micciano, una delle porte di ingresso della Riserva Naturale Monterufoli-Caselli. Per salire a Micciano si affrontano i celebri “dieci tornanti del diavolo”, teatro di allenamento del pluricampione mondiale Paolo Bettini. La strada si inerpica fino al “Pinzo” da dove si può ammirare la valle del torrente Aido e, nelle giornate limpide, vedere gli appennini ed il mare. Dalla rupe di Micciano è possibile scorgere il borgo gemello di Libbiano aggrappato proprio sul rilievo di fronte. Chiedere a un abitante di Micciano come si chiami il borgo dirimpettaio può portare ad avere una risposta del tipo: “dovrebbe essere Libbiano ma comunque son di meno che a Micciano e da noi c’è più pace”. E di pace, intesa in tutte le sue accezioni, da queste parti se ne intendono, tanto che basta leggere cosa vi è scritto in una lapide a memoria dei morti in guerra: “Passeggiero, riferisci a Roma che noi siamo morti per avere obbedito alle sue leggi”.Non lontano da questi luoghi, dove il genius loci governa incontrastato, si può arrivare al borgo medievale di Querceto, importante castello di Volterra a presidio delle miniere di rame, argento e mercurio. Ponteginori, villaggio industriale ben connotato da una precisa architettura, si raggiunge nella valle sottostante e magicamente si scopre che esiste una ferrovia da dove quattro treni al giorno consentono di raggiungere in meno di mezzora il mare di Cecina. Sia chiaro, la notazione è una semplice informazione e non un invito ad arrendersi per mollare la bici e andare a godersi il sole nelle spiagge toscane.Montecatini Val di Cecina, il “Castrum Montis Leonis” con il suo storico “cannocchiale”, la Torre dei Belforti, si raggiunge salendo attraverso uno spettacolare scenario di campagna che nasconde l’animo industriale che nell’800 l’ha fatta ricca e prospera per la presenza della miniera di Camporciano, la più importante attività estrattiva del rame in Europa.Al centro dell’epopea del rame vi fu la famiglia Schneider. Per capire quanto il duro lavoro di miniera riuscì a legare proprietà, maestranze e comunità si leggano le parole di commiato che Aroldo Schneider, direttore della miniera, rivolse agli operai al termine del proprio impegno: “Mi avete dimostrato esser bravi operai ed affezionati al vostro Capo, che con voi può dirsi formava una sola famiglia. Circostanze speciali m’imposero di abbandonarvi, però allontanandomi da qui vi resta il mio cuore, vi resta quanto di più bello e di più lusinghiero io abbia avuto nella mia vita”. Il Parco di Archeologia industriale della Miniera di Camporciano merita una sosta e una visita: il pozzo di Alfredo, il pozzo Rostand, le officine e il Museo delle Miniere sono istruttive testimonianze del lavoro dell’uomo che, fin dagli etruschi, aveva compreso le potenzialità che potevano avere i minerali presenti nelle viscere della terra.Le tracce che portano a Volterra attraverso le foreste di Berignone consentono, dal lato più impervio, di superare il guado sul fiume Cecina e salire poi lungo il sentiero che porta al borgo fortificato di Mazzolla. Sulla destra sono presenti degli inviti a lasciare il percorso principale per far visita al castello dei Vescovi e anche alla Dispensa di Tatti nata nel 1800 come caserma per le guardie incaricate alla vigilanza dei boschi e in seguito utilizzata dai boscaioli e carbonai come magazzino per le riserve alimentari.Tirar diritto senza fidarsi del guado significa dirigersi verso Saline di Volterra dove si produce il sale più puro d’Italia. I cospicui depositi di salgemma racchiusi nel sottosuolo hanno costituito fin dai tempi degli etruschi una ricchezza valorizzata in senso industriale, in particolare nel ’700, in piena epoca granducale. Ma bisogna dire grazie anche al visionario architetto Nervi per aver realizzato il padiglione che ospita la surreale “cascata di sale”, una grandiosa montagna di sale purissimo avvolto magicamente dalle sinuose parabole della avveniristica costruzione.“Ben cosparsi di sale” si arriva a Volterra, città centrale in ogni epoca nella vita politica, economica e sociale: capitale etrusca, importante municipio romano e potente città vescovile nel medioevo, Volterra domina dall’alto della sua collina i sottostanti calanchi e le famose “Balze”. Una straordinaria realtà tutta da vedere: la doppia cinta muraria, l’Acropoli etrusca, il Teatro romano, il Palazzo dei Priori, la cattedrale e il Museo Guarnacci sono solo alcune perle di una realtà dove i popoli hanno lasciato segni di civiltà inestimabili e dove le botteghe artigiane continuano ancora oggi a stupire il visitatore con le opere d’arte dei maestri alabastrai.Se non bastasse, la campagna che circonda la città è unica grazie alle bellezze che madre natura le ha donato e alle inaspettate grandi sculture dell’artista fiorentino mauro Staccioli che, con cerchi, ovali, triangoli e altre forme geometriche ha impreziosito il paesaggio con una lettura moderna e rispettosa.Avendo tempo, conviene fermarsi a Volterra perché tanti sono i misteri che nasconde la città, a partire da quello della sua fondazione. Franco Porretti ne svela alcune versioni con le sue scritture che spaziano sapientemente tra l’attenta ricerca storica e i suggestivi indizi immaginari. Così si può nutrire il dubbio sull’incerta data della fondazione di Volterra da parte di Noè che, secondo alcune fonti mise mano all’opera cent’anni prima della guerra di Troia e trecentotrentuno anni dopo il diluvio universale che sommerse il corrotto genere umano. Si può venire a conoscenza che la Enorea di Aristotile fosse proprio Volterra. E si può coltivare ogni dubbio con i versi di Fazio degli Uberti: “Appresso questo trovammo Volterra / Sopra un gran monte, ch’è forte ed antica, / Quando in Toscana alcuna altra terra. / Fu detta Antonia, per quanto si dica, Indi fu Buovo, che per Drusiana / Di là dal mar durò tanta fatica”. Fortunatamente sono questi, e non solo, i dubbi e le curiosità che nascono dall’incontro con i luoghi importanti. E Volterra è uno di questi, da godersi a lungo nella speranza che non inizi a piovere ininterrottamente e si profili un nuovo diluvio universale ispirato da un genere umano che non sta donando buona prova di sé.