di Luca Bonechi
Le strade in uscita dalla Montagnola senese in direzione ovest incontrano un lungo e diritto corridoio di asfalto dove giorno e notte sfrecciano, spesso incuranti dei limiti di velocità, auto, moto e grossi camion carichi di ghiaia e legna. È la strada Maremmana che unisce la Val di Merse e il mare con la popolosa Valdelsa. Il consiglio è di evitarla, se non costretti per brevi tratti che consentono di immettersi nelle strade che si inerpicano sinuose nella Selva, la foresta che da secoli si confronta con la dirimpettaia Montagnola. Da entrambe le parti, nelle notti limpide, le stelle si confondono con le luci dei piccoli borghi e dei casolari addormentati ai piedi dei due rilievi: Collalto da una parte, Paurano e Querceto dall’altra e poi Pievescola, il paese più grande con al suo centro il “Fungo innamorato”, un’originale opera raffigurante due funghi dalle sembianze umane che si guardano sognanti quasi a ricordare uno dei miti delle Metamorfosi di Ovidio: “A narrare il mutare delle forme in corpi nuovi mi spinge l’estro”. E, al fin di ornar di bello la grigia strada, appare Molino d’Elsa, un abitato agricolo ove cavalli, pecore e maiali di cinta senese superano di gran lunga in numero i fieri abitanti che ogni anno danno vita alla “Fiera dell’Alberaia”, una mostra mercato di bestiame e prodotti agricoli conosciuta oltre i confini della Toscana. Per poter raggiungere gli approdi di Radicondoli o Belforte, le strade si dividono a seconda delle bici che ognuno possiede. Si sale in ogni caso in un paesaggio suggestivo dove, pian piano, i campi coltivati lasciano sempre più spazio ai fitti boschi. Se muniti di una buona mountain bike o ci si ritiene esperti piloti di una bici gravel, ci si può addentrare nella parte più selvaggia e avventurosa che prende avvio dalla strada bianca che porta a Cotorniano. Già il cartello posto subito dopo il ponte sul fiume Rosia, annuncia un programma assai stimolante: Hotel La Selva, Casa Vacanze “Le Scopaie”, Istituto di meditazione MAM Meera Art Museum, Oshomiasto, e infine il Dreamwoods Selva di Sogno, sculpturepark. Indizi che bastano e avanzano per immettersi con curioso stupore all’interno di una foresta unica nel suo genere. Si sale fino ai 704 metri lungo una bella strada bianca che si fa sempre più impervia ma affascinante. Il vecchio borgo di Cotorniano si mostra ormai vicino a essere riportato all’originaria bellezza da Rick Rubin, il Re Mida delle produzioni musicali e grande manager di musicisti internazionali. Più avanti Osho Miasto offre un luogo protetto e silenzioso per chi ama meditare e ritrovare sé stesso. Chi, grazie alla foresta, ha ritrovato sé stesso è certamente Deva Manfredo, artista di origine tedesca che in oltre quarant’anni anni ha costruito in dieci ettari di bosco “Selva di Sogno” uno straordinario parco di duecentocinquanta sculture. “Non cercare la tua identità. Ciò che conta è sparire per permettere alla creatività di accadere”, così è scritto nel marmo posto all’ingresso del bosco. Il mondo di sogno dell’artista è fatto di pietra e materiali di recupero mirabilmente assemblati in figure antropomorfe, mandala di pietre colorate, templi e città in miniatura senza tempo. Non distante da Selva di Sogno ma difficile da raggiungere, gli amanti della mineralogia possono trovare la miniera abbandonata delle Cetine di Cotorniano. L’antica miniera è famosa per la sua importanza scientifica essendo custode di importanti minerali di alterazione come la onoratoide, la cetineite, la rosaite, la stibnite e molti altri. Da quest’ultimo si otteneva l’antimonio, un minerale dall’aspetto nero lucente considerato un elemento diabolico. Il suo nome deriva da anti-monaco in quanto si racconta che avvelenasse i monaci che lo assumevano per resistere al digiuno. In verità, è il caso proprio di starne lontani perché la sua ingestione può provocare vomito, diarrea e tachicardia fino all’arresto cardiaco. Più prudente per il ciclista è, come si dice in gergo, scollinare e arrivare alla Riserva Naturale di Cornocchia dove è presente un importante Centro di selezione equestre gestito dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Siena. La missione di salvaguardia delle razze reliquie in via di estinzione fa si che si possa fare amicizia con i Cavallini di Monterufoli e con l’Asino grigio sorcino dell’Amiata. La presenza di caprioli, dei resti del borgo, dell’abbandonato castello di Falsini e di inaspettati sedimenti lacustri e marini, giustifica una lunga e riposante sosta prima di andare a far conoscenza con due paesi autentici e vivi grazie alla grande socialità degli abitanti: Belforte e Radicondoli, oggi quieti borghi e nel medioevo maggiori centri di lavorazione della lana. Belforte, animato da un forte senso di comunità e creatività, è un piccolo gioiello che mostra umile e orgoglioso il suo passato con la bella pieve, l’antico minuscolo hospitale, le viuzze e le case patrizie. Qui non è raro imbattersi in uno degli ultimi cultori dell’ottava rima e del “Cantar Maggio”, il rito beneagurante di questua ancora presente nelle campagne toscane. Nel periodo della mezzadria si faceva visita cantando e suonando alle case dei contadini per raccogliere uova, farina, vino. Bello e amichevole era il ringraziamento per i generosi, ma per i sempre presenti riottosi pronta era l’invettiva che val la pena riportare: “che v’entrasse la gorpe [volpe] ni’ pollaio/e vi mangiasse tutte le galline/che v’entrassero i topi ni’ granaio/ e vi morisse le bestie vaccine/un accidente ai padre e uno alla figlia/e i’ rimanente a tutta la famiglia”. Si respira aria genuina e si incontra gente vera da queste parti. Non è un caso che Luciano Berio, grande ed eclettico compositore, racconta così la sua scelta di tornare a vivere a Radicondoli: “Nel 1972, dopo un lungo periodo di permanenza negli Stati Uniti, desideravo trovare un luogo tranquillo dove potermi ritirare ogni tanto per poter lavorare nella massima concentrazione e lontano dalla vita movimentata e spesso dispersiva delle grandi città… questa di Radicondoli è presto diventata la mia casa della vita. Mi sentii subito attratto dal grande rispetto che i toscani nutrono spontaneamente per la loro regione, mi piacque il paesaggio, inserendomi a poco a poco nel tessuto sociale del paese, fui attratto dalla gentilezza e dall’intelligenza naturale della gente di Radicondoli”. Radicondoli è rimasto proprio come lo ha descritto Berio, autentico e silente. Il paese si affaccia sulle colline Metallifere, immerso nella natura delle preziose Riserve Naturali che lo circondano: Cornate e Fosini, Berignone-Tatti, Cornocchia e Palazzo. Le origini longobarde di Radicondoli e i secoli di storia sono testimoniati da edifici religiosi quali la Collegiata e il Monastero agostiniano, mentre nell’intorno è una sinfonia di oliveti e pascoli da dove si ricavano olio extra vergine di oliva e formaggi di ottima qualità da gustarsi in modalità “sosta prolungata”. Difficile non essere tentati a imitare Berio nella sua scelta di vita e chi ci volesse provare faccia un salto in Comune, dove verrà informato delle tante agevolazioni offerte ai nuovi residenti.
L’odore inconfondibile della foresta della Selva.
Il sapore dei formaggi dei pastori di Belforte e dintorni.
Il suono autentico della Street Band di Radicondoli al festival di Luciano Berio.
La mirabile vista delle sculture nella Selva di Sogno.
La carezza sulla schiena dell’asino grigio sorcino ospite della Riserva di Cornocchia.